Un numero crescente di persone nel mondo apprenderà che la cerca e cavatura del tartufo sono pratiche originali e complesse che richiedono ai tartufai un insieme di conoscenze riguardanti la vegetazione, il suolo, il meteo, il rapporto con il cane, le tecniche di estrazione. Ma soprattutto il riconoscimento UNESCO contribuirà a rendere la comunità dei tartufai e la più ampia società civile delle aree tartuficole ancora più consapevole e impegnata in azioni per la trasmissione delle tradizioni e in pratiche e misure di tutela ambientale.
Nel dossier di candidatura è previsto il Piano triennale di salvaguardia (2020-2023) che si propone di estendere buone pratiche presenti nella comunità in alcune aree.
Trasmissione informale e formale
Oltre alla costante trasmissione orale-informale sono pianificate misure integrative di trasmissione formale:
- organizzazione annuale di corsi extracurriculari nelle scuole di ogni ordine e grado dei territori a vocazione tartufigena allo scopo di individuare e valorizzare, anche attraverso la partecipazione diretta dei tartufai, l’identità culturale che la cerca e cavatura del Tartufo imprimono al territorio e alla comunità di riferimento;
- organizzazione di corsi per target specifici di giovani disabili, attraverso visite guidate di cerca e cavatura del Tartufo finalizzate a fare esperienza sia sul rapporto uomo-cane, sia sugli habitat, che sull’utilizzo dei parametri sensoriali, come già realizzato dall’Università dei Cani da Tartufo di Roddi insieme al Centro Studi di Alba e dalle Associazioni Micologica Tartufai abruzzesi e di Valpescara.
- organizzazione di corsi annuali di formazione di analisi sensoriale in tutta la comunità interregionale rivolti al personale degli Enti Locali in ambito forestale e culturale, avvalendosi delle esperienze maturate con l’obiettivo di preparare nuovi esperti/formatori sui territori regionali coinvolti;
- integrazione di contenuti educativi e sperimentali connessi al patrimonio culturale immateriale nell’ attività didattica della rete dei “Musei del Tartufo”, al fine di garantire la conoscenza dell’elemento anche al di fuori dei fruitori residenti locali;
Identificazione, documentazione, ricerca
- aggiornamento della raccolta di interviste ai detentori e praticanti inserite nell’archivio “I granai della memoria“ curato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo https://www.granaidellamemoria.it con particolare attenzione alle esperienze di donne tartufaie al fine di comprendere la prospettiva contemporanea e futura del rapporto tra genere e salvaguardia dell’elemento;
- consolidamento e diffusione degli studi tradizionali ed avanzati condotti sulla messa a punto delle pratiche di gestione diretta degli ambienti naturali dal punto di vista agro-forestale con particolare riferimento alla vegetazione, al suolo coltivato, alle superfici di pascolo naturale;
- mappatura delle buone pratiche da adottare negli areali naturali di crescita spontanea della pianta tartufigena che identificano le peculiarità dell’elemento per i suoi tratti culturali e i bisogni ecologici degli habitat locali;
Protezione e mantenimento
- adozione e divulgazione da parte della comunità dei detentori di un protocollo di
raccomandazioni volte all’attuazione di tecniche integrative (ad es. irrigazione,
pacciamatura, potatura) che mitighino i rischi degli effetti climatici provocati da
permanenti alterazioni, quali-quantitative del regime termo-pluviometrico, e al
tempo stesso, regolamentino l’eventuale eccessiva pressione antropica ed
urbanistica nei territori tartufigeni interessati per mantenere l’utilizzo razionale della
risorsa a complessa rigenerazione spontanea;
Promozione e valorizzazione
- organizzazione di tavole rotonde, convegni e dibattiti per la diffusione e
valorizzazione delle tematiche culturali, ambientali e forestali connesse all’elemento
anche in occasioni di feste popolari ricorrenti, momenti di incontro, di confronto e di
convivialità fra detentori, praticanti e società civile; - Istituzione di una “Giornata nazionale del tartufaio”: evento culturale in cui far
confluire le tematiche della ricerca antropologica e scientifica legate all’elemento e
alla storia della comunità interessata, valorizzando pubblicamente i tartufai quali
detentori di conoscenza per la società e dando spazio a contenuti creativi e di
scambio che, attraverso l’arricchimento progressivo e dinamico dell’elemento,
contribuiscono alla divulgazione del patrimonio culturale immateriale;
Le misure di salvaguardia descritte sono state pianificate per accrescere la sensibilità comune ai valori ambientali, culturali e community-based dell’elemento. Le stesse iniziative di promozione e valorizzazione, infatti, mettono al centro gli aspetti di gestione sostenibile che rispettano la natura, le persone e gli animali e si basano sulle conoscenze e pratiche dirette dei detentori e praticanti. Inoltre, la salvaguardia dell’elemento contribuirà a sviluppare attività di integrazione e connessione tra la dimensione materiale e immateriale del patrimonio culturale e naturale nelle aree tartufigene che possono coincidere, anche in parte, con le riserve MaB e i Geoparchi UNESCO ( es.Mesola, Pollino, Madonie), i Parchi naturali regionali protetti ( es. Monte Cucco, Matese, Area fluviale del Nera, Nebrodi), di siti di interesse comunitario naturalistico-SIC (es. Cascata delle Marmore),o i paesaggi culturali-UNESCO (Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato).